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Immboili in Italia

Intestare immobili in Italia a persone giuridiche ceche 

Partecipazioni estere

Intestare immobili in Italia a società ceche.

Tassazione in Italia dei non residenti –

La normativa interna ne preveda la tassazione nel nostro Paese.

Articolo 23, comma 1, lettera a), del Decreto del Presidente della Repubblica 917/1986: si specifica che i redditi prodotti in Italia da soggetti non residenti includono anche i redditi fondiari, ossia i guadagni provenienti da terreni e edifici situati sul territorio italiano. Inoltre, alla lettera f) si afferma che si considerano generati in Italia anche altri tipi di redditi derivanti da beni presenti nello stato italiano.

Per quanto riguarda gli immobili posseduti in Italia da società estere, anche se dati in affitto, questi non sono considerati come stabile organizzazione. La Risoluzione Ministeriale del 13 dicembre 1989, protocollo numero 460196, ha precisato che in casi del genere l’immobile non costituisce una stabile organizzazione, poiché non presenta una struttura organizzativa e contabile indipendente dalla società madre. Per essere qualificata come stabile organizzazione è necessaria la creazione di una struttura nazionale autonoma e operativa rispetto alla società estera. Il successivo articolo 153, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica 917/1986, stabilisce che sono considerati prodotti sul territorio nazionale i redditi descritti nell’articolo 23, che comprendono sia i redditi fondiari sia i redditi diversi ottenuti da beni situati nello stato. Questo implica che, secondo la normativa interna, sono soggetti a tassazione in Italia sia i redditi fondiari ottenibili dall’uso o affitto dell’immobile sia le plusvalenze realizzate dalla sua vendita.

Plusvalenze

Un elemento di rilievo è che l’applicazione delle norme fiscali previste per gli individui implica che la vendita di un edificio posseduto per oltre cinque anni non porta alla generazione di una plusvalenza imponibile.

Data l’incompatibilità del concetto di abitazione principale con le entità aziendali estere, l’unico scenario in cui la vendita di un immobile non risulta in una plusvalenza imponibile è quando si aliena un edificio detenuto per più di cinque anni. In contrasto, i ricavi da affitti sono soggetti a tassazione in Italia per l’85% del loro valore.

In Repubblica Ceca, le plusvalenze sono incluse nella base imponibile del reddito personale e soggette a tasse progressive in base al reddito lordo totale. Non esiste una tassa specifica per le plusvalenze. I profitti derivanti dalla vendita di proprietà immobiliari sono esenti da tasse se posseduti per un periodo più lungo di un limite temporale definito, che varia a seconda della natura del bene:

– Tre anni per la proprietà diretta di azioni di società per azioni o fondi.
– Cinque anni per le azioni di altre tipologie di società.
– Due anni per la propria abitazione principale utilizzata immediatamente prima della vendita (cinque anni per gli immobili in altri casi, acquistati fino al 2020).
– Dieci anni per proprietà immobiliari non menzionate precedentemente, valido per acquisti effettuati dal 2021 in poi.
– Un anno per veicoli, navi e aerei.

I ricavi totali dalla vendita di azioni inferiori a 100.000 CZK per periodo fiscale sono esentati dalla tassazione. Per le entità legali, l’aliquota fiscale sui profitti è del 21%, con esenzioni e condizioni specifiche per dividendi e plusvalenze da partecipazioni.

La Repubblica Ceca propone tassi fiscali vantaggiosi per i guadagni finanziari, inclusi i capital gain, con una tassa del 15% sui redditi da investimenti, tra le più basse nell’Unione Europea.

La residenza fiscale in Repubblica Ceca determina la tassazione sui redditi mondiali per i residenti, mentre i non residenti sono tassati solo sui redditi prodotti localmente. Sono considerati residenti fiscali coloro che hanno una residenza permanente nel paese, soggiornano per almeno 183 giorni all’anno nel territorio, o hanno il principale centro dei loro interessi economici all’interno del paese.

 

Agenzia delle Entrare CIRCOLARE N. 38/E

2.1 TASSAZIONE ALLA FONTE DEI REDDITI E DEI FLUSSI FINANZIARI ESTERI

Il primo passaggio del secondo comma dell’articolo 4 in questione introduce un elemento di novità significativa rispetto alle precedenti disposizioni sulla sostituzione fiscale, stabilendo l’obbligo di trattenere le tasse sui redditi ottenuti da investimenti e attività finanziarie estere, come previsto dal D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600. Questo obbligo si applica in tutte le situazioni in cui un intermediario è impiegato per canalizzare in Italia entrate provenienti dall’estero, a prescindere dall’esistenza di un mandato formale per la riscossione di tali importi. L’adempimento di questa disposizione è richiesto in maniera universale, senza considerare se i titoli o le attività finanziarie siano situati all’interno dei confini nazionali.

Imposte sostitutive

Questa normativa si allinea con le disposizioni recenti riguardanti la sostituzione fiscale sui redditi di capitale provenienti da contratti di assicurazione sulla vita e contratti di capitalizzazione emessi da compagnie assicurative estere, come indicato nell’articolo 68 del decreto legge del 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche dalla legge del 7 agosto 2012, n. 134. Questa regolamentazione stabilisce che i sostituti d’imposta, principalmente banche e società fiduciarie, debbano applicare l’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 (nei casi in cui l’impresa di assicurazione estera non provveda direttamente) non solo quando gestiscono o amministrano la polizza assicurativa occupandosi degli aspetti fiscali dei flussi finanziari o quando intervengono nella loro riscossione come intermediari con un mandato specifico, ma anche nei casi in cui tramite essi avviene l’accredito dell’importo relativo al riscatto della polizza, come specificato nella circolare n. 41/E del 31 ottobre 2012.

Redditi di capitale

Questo principio si estende anche ai redditi di capitale generati dalla partecipazione in entità di investimento in valori mobiliari di legislazione estera, le cui quote sono distribuite fuori dall’Italia. In particolare, il comma 5 dell’articolo 10-ter della legge del 23 marzo 1983, n. 77, prevede che la ritenuta sia eseguita dagli enti menzionati nell’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973, che partecipano alla loro incassazione (si veda la circolare n. 19/E del 4 giugno 2013). Di conseguenza, in assenza di dati specifici per calcolare la base imponibile delle ritenute e delle imposte sostitutive, l’intermediario è tenuto ad applicare la tassazione alla fonte sull’intero importo percepito come pagamento per polizze assicurative estere e fondi di diritto estero non distribuiti localmente.

Le disposizioni esistenti che identificano il sostituto d’imposta responsabile dell’applicazione delle ritenute o delle imposte sostitutive rimangono in vigore, senza subire modifiche legislative. Questo include, ad esempio, gli interessi e altri redditi provenienti da obbligazioni estere, come specificato nell’art. 2 del decreto legislativo del 1° aprile.

Dividendi esteri

48 1996, n. 239), dei dividendi di fonte estera

Agenzia delle Entrare CIRCOLARE N. 38/E

L’articolo 48 del 1996, n. 239, regola i dividendi provenienti dall’estero, mentre l’articolo 27, quarto comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, tratta specificamente dei dividendi di fonte estera. In aggiunta, i redditi di capitale derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento in valori mobiliari di legislazione estera sono disciplinati dall’art. 10-ter della legge n. 77 del 1983. Questa normativa si estende anche ai redditi inclusi nei capitali assicurativi, per i quali l’imposta prevista dall’articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 può essere applicata su base volontaria dalle compagnie di assicurazione estere. Allo stesso modo, i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera che sono soggetti a una tassazione sostitutiva possono essere gestiti direttamente dal contribuente al momento della dichiarazione dei redditi o dall’intermediario in base a regimi opzionali, come descritto nell’art. 18 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) e negli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

Riguardo al distacco dei lavoratori negli Stati membri dell’UE, si sottolineano le condizioni locali di impiego e le relative disposizioni. Ogni Stato membro ha l’obbligo di descrivere i dettagli del proprio regime di notifica, indicando le istituzioni competenti, i contatti, i dati necessari per la notifica, nonché le sanzioni applicabili in caso di mancato rispetto delle normative.

Per quanto concerne l’Italia, si specifica che non esiste un obbligo di notifica per il distacco dei lavoratori. Questa mancanza sottolinea un approccio più flessibile rispetto ad altri Stati membri, pur sempre nel rispetto del quadro normativo europeo che mira a garantire condizioni eque e trasparenti per i lavoratori distaccati.

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Costituzione di società a Responsabilità limitata in Repubblica Ceca a Praga o a Plzen.